Frasi fatte stupide: quando la parola precede il pensiero




Tutti noi utilizziamo delle frasi fatte. Talvolta è perché non sappiamo esattamente cosa dire, talaltra non abbiamo neppure voglia di riflettere su cosa dire, altre ancora semplicemente non siamo sintonizzati empaticamente con il nostro interlocutore. In ogni caso, utilizzando modi di dire consunti e privi di una riflessione che li legittimi, non facciamo altro che inquinare la nostra rete di comunicazione. Può accadere che non ci si renda neppure conto di quanta importanza il nostro compagno di conversazione stia riconoscendo a un interscambio che noi trattiamo con superficialità, ma siamo tutti decisamente attenti a notare quando la medesima condotta viene assunta dagli altri nei nostri riguardi. Da una parte, è normale che ciò accada, che quello che viviamo in prima persona, da parte ‘lesa’, appaia più chiaro ed evidente alla nostra mente rispetto a un episodio di simile modalità che invece non urta la nostra sensibilità. D’altra parte, l’incapacità di riconoscere tale atteggiamento da parte nostra evidenzia anche una certa immaturità relazionale, che attraverso il nostro modo di comunicare si estrinseca in modo lapalissiano. Siamo così sicuri che siano sempre gli altri a dimostrare delle mancanze nei nostri riguardi? Ora elencherò una serie di frasi fatte banali, ovvie, che ci capita di sentire sovente nel corso della vita. Sfido chiunque ad affermare di non averne mai utilizzata nessuna…

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”Si vede che doveva accadere”

Una persona speciale mi disse una volta che se un pensiero non genera alcuna forma di utilità, funzionale o emotiva, allora è inutile esprimerlo. Capita, davanti a una situazione complessa o difficilmente accettabile vissuta da un proprio caro, che si resti senza parole, che non si trovi qualcosa di intelligente da dire per fornire adeguato conforto. In situazioni simili, usualmente si finisce con il celebrare la sagra ufficiale della banalità verbale: “Si chiude una porta, si apre un portone”, “Andrà meglio”, “Ne uscirai più forte”, “Così è la vita”, “Passerà” sono alcune delle locuzioni presenti nella top ten, ma nessuna eguaglia l’aberrante e mai desueta: “Si vede che doveva accadere”. Ora, esistono almeno dieci ragioni differenti per cui frasi come questa non solo non sono utili, ma sono persino deleterie; esattamente, che tipo di messaggio vogliamo trasmettere affermando che ciò che è accaduto “doveva accadere”? Tralasciando anche l’aspetto vagamente tautologico dell’asserzione, qual è il ruolo della nostra affermazione? Basterebbe l’inutilità della frase in sé per renderla condannabile, ma c’è dell’altro: quella frase fatta attinge da un bacino semantico e simbolico che è proprio di una prospettiva fatalista, in parte anche imbevuta di cliché religiosi, un bacino che non è detto che orienti anche l’etica e il raziocinio della persona che stiamo (malamente) cercando di rincuorare.

”Mai dire mai nella vita”

Mai dire mai nella vita“, camaleontica nelle sue varianti “Nella vita mai dire mai”, “Nella vita nulla è scontato” e la sempre apprezzata “Nella vita non si può mai sapere” è un’altra di quelle frasi ricorrenti e proprie di una dinamica in cui sono presenti una persona afflitta e un fidato consigliere. Un modo di dire che fa il paio con quello precedente, se pure fornendo una chiave di lettura più laica e meno astraente. Certo, nella vita nulla è scontato, esistono vari modi di dirlo servendosi sempre di frasi fatte: “L’uomo fa progetti e Dio ride” recita un antico proverbio masai; “la vita è ciò che ti succede mentre fai altri progetti” disse invece John Lennon. Il concetto è chiaro e condivisibile da chiunque, ma è davvero ciò che ha bisogno di sentirsi dire un essere umano in difficoltà, preoccupato o in ansia?

”La gente è invidiosa”

Una certa tendenza alla sfiducia verso il prossimo si riflette in tutta una serie di frasi fatte che noi tutti utilizziamo molto più spesso di quanto vorremmo. Fin da piccolo, mi è riecheggiata nella testa la gettonatissima frase “La gente è invidiosa”. Un’asserzione che, in alcuni contesti, può essere ritenuta sacrosanta, persino meritevole di attenzione. D’altronde, si tratta di un modo di dire talmente inflazionato da essersi ormai elevato a scusante. Utilizziamo l’altrui sedicente invidia per giustificare nostri fallimenti e, ancora più spesso, critiche che riceviamo. La gente ti ferisce perché ti invidia, non ti sceglie perché teme la tua felicità, eccetera, eccetera. Ora, se siete voi a pronunciare la frase, domandatevi una volta di più se davvero credete a ciò che stare affermando; se vi viene rivolta, invece, non cascateci!

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”Se son rose fioriranno”

Questa è una frase fatta che detesto in modo particolare. “Se son rose fioriranno” è un modo di dire che, oltre che risultare scontato e vacuo, è anche da ritenersi approssimativo e fuorviante. Di solito, utilizziamo l’espressione per sottolineare l’avvio di un nuovo progetto, per esorcizzare l’ansia di un cambiamento, nell’attesa di una situazione che da lì a breve potrebbe evolversi. Il detto suggerisce che le cose vanno nel modo in cui devono andare, escludendo o limitando fortemente la capacità delle nostre azioni di modificare gli eventi in corsa. Le rose, metaforicamente, non nascono rose e non fiorirà un bel niente se non saremo noi ad annaffiare con l’impegno e con la dedizione. Siamo noi a fare in modo che le rose si rivelino tali.

”Cerca di stare bene”

Lo ammetto, questa è una frase che mi capita spesso di pronunciare. La utilizzo in modo sincero, ma ciò non vuol dire che si carichi di un significato più importante di quello che non possiede. “Cerca di stare bene” è un consiglio senza valore: non so voi, ma io non conosco molta gente che si impegni a stare male. Direi che non serva aggiungere altro.

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”Che ti frega!”

Anche questa è una frase che io stesso uso non di rado. E anche in questo caso, tendo ad invitare in modo del tutto sincero il mio interlocutore a ridimensionare una questione che lo avvilisce. Anche in questo caso, però, va sottolineata l’assenza di qualsivoglia utilità di una frase che, se utilizzata, denota leggerezza nei confronti dell’altro e uno scarso riguardo per le sue preoccupazioni. “Che ti frega”, “Che te ne freghi” e il più lapidario “Fregatene!” sono suggerimenti che, verosimilmente, rivolgiamo a una persona che ha appena esposto un proprio problema che, secondo il suo punto di vista, merita una certa considerazione (altrimenti non ne starebbe parlando); se dunque il nostro interlocutore ha sentito l’impellenza di metterci al corrente del problema, non sta a noi decretare cosa sia degno di attenzione e cosa invece no. Vogliamo essere d’aiuto al nostro amico? Ascoltiamolo, proviamo a capire perché ci sta raccontando quella data cosa e in che modo lo fa sentire.