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Il clickbaiting sta ammazzando l’informazione. E siamo tutti complici
Il clickbaiting, traducibile approssimativamente con esca da click, fa riferimento a tutte quelle pratiche di scrittura utilizzate da editori con più avidità che etica per convincerci a cliccare su un link. Il fenomeno è nato su Facebook, ma si è esteso a macchia d’olio in tutta la cybersfera con la rapidità di un virus. E in effetti è esattamente ciò che è: un virus che, gradualmente, ha infettato anche la parte inizialmente sana del web. Ed è colpa nostra, perché siamo degli idioti. Procediamo con calma. LEGGI ANCHE: La privacy non è un problema (e se lo è, non ha soluzione) Le strategie di clickbaiting “Incredibile: sta succedendo proprio ora!”…
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La privacy non è un problema (e se lo è, non ha soluzione)
Parlare di privacy oggi è un po’ come parlare dello spread o del buco dell’ozono: è uno di quei concetti arcani, che sappiamo riguardarci da vicino, ma di cui, in realtà, non conosciamo granché. A differenza di spread e buco dell’ozono, però, sulla questione privacy le nostre azioni e le nostre responsabilità assumono un ruolo ben più significativo: siamo noi a gestirla. Ma è davvero così? Abbiamo un effettivo potere di controllo sui nostri dati personali? E cosa intendiamo, esattamente, quando lamentiamo che “loro” sanno anche quante volte andiamo in bagno? Chi è il nemico, lo stato? I cinesi? La CIA? Google? Noi stessi? LEGGI ANCHE: Web e idiocrazia: il…
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Caso Bibbiano: l’eccellenza della disinformazione strategica
Premessa, doverosa: qui non si tratterà di politica. Il focus della trattazione sarà quello della comunicazione e dei suoi utilizzi. In particolare, proverò ad analizzare il fatto di cronaca che ormai da un mese tiene banco nel web, ovvero quello relativo ai fattacci di Bibbiano e dell’inchiesta ‘Angeli e Demoni, ormai nota a chiunque non abbia vissuto sulla Luna nelle ultime settimane.
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Salvini, Di Maio e Zingaretti: cosa rivelano le loro foto profilo su Facebook
Se da un punto di vista politico si discute ancora se oggi siamo o meno entrati nella Terza Repubblica, sicuramente c’è poco da discutere sul fatto che, dal punto di vista della comunicazione, siamo entrati nell’era della Politica 3.0. Oggi, il consenso elettorale passa anche e sempre più attraverso i social network, la media strategy, la spettacolarizzazione. Il che, inevitabilmente, si traduce anche in un nuovo modo di guardare al personal branding dei personaggi pubblici, noti e meno noti, del mondo della politica. Ognuno, va detto, configura il proprio brand a modo suo. Tutto potremmo rimproverare ai nostri politici – e così ci piace fare – meno che la mancanza…